Il settore dei Consumer Goods è alla vigilia di una fortissima discontinuità nei modelli di acquisto in tutto il mondo occidentale e non solo. Dal 2019 in USA è in atto una contrazione nell’acquisto dei beni di prima necessità, che è continuata anche dopo la ripresa economica post pandemia, senza più raggiungere un “new normal” dopo il Covid. Il calo dei volumi ha investito soprattutto il comparto food & beverage, con un crollo pari a -2,9% tra il 2022 e il 2023 (Fonti Nielsen). La spirale a rialzo dei prezzi causata dalle dinamiche inflattive è stata una delle cause della decrescita dei volumi; infatti, di fronte a rialzi dei prezzi che sono cresciuti del +34% per il mondo FMCG (il 43% più veloci dei salari in USA), il consumatore è diventato molto più cauto.
Ciò che sta accadendo negli Stati Uniti non è un caso isolato e quello americano non è l’unico mercato che si trova a fronteggiare comportamenti inusuali, erratici e difficili da prevedere della domanda; anche l’Europa si trova ad affrontare un cambiamento radicale dei pattern di consumo. L’evidenza più chiara è la polarizzazione dei comportamenti di acquisto: da un lato, crescono i consumatori che prediligono i prodotti premium – a patto che questi soddisfino in modo sostanziale ed effettivo alcune necessità specifiche, come un maggior apporto nutrizionale di fibre o di proteine ad esempio – e dall’altro, un gruppo di consumatori più sensibili al prezzo. Analizzando quest’ultima categoria, si rileva che non c’è una fedeltà stringente ai brand come in passato e, spesso, anche l’attributo di sostenibilità del prodotto è considerato un driver non prioritario rispetto a una convenienza a livello economico. Infatti, una caratteristica della middle class italiana ed europea nell’epoca post pandemica è la predilezione per attività “esperienziali” (come i viaggi e le cene) che comportano quindi un risparmio nelle spese di tutti i giorni, veicolando anche le scelte attuate tra gli scaffali del supermercato. Un risultato evidente di questo fenomeno è la crescita generalizzata delle private label ai danni dei prodotti a marchio del produttore, di nuovo, soprattutto in assenza di benefit sostanziali e sostanziati.
La situazione cambia man mano che ci si spinge verso i mercati dell’Est; secondo uno studio di McKinsey infatti, i giovani consumatori cinesi, indiani e sauditi di età compresa tra i 18 e i 24 anni, sono inclini all’acquisto di prodotti premium e disposti a pagare un prezzo più alto rispetto ai loro coetanei delle economie avanzate. Sono più ottimisti circa le condizioni economiche dei loro paesi di origine e questo fenomeno è previsto concretizzarsi in livelli di consumo più alti. E’ molto importante non sottovalutare questo pattern, che rappresenta un’occasione per le aziende italiane in quei territori, considerando che per il 2030, il 75% dei consumatori nelle economie emergenti avrà un’età compresa tra i 18 e i 34 anni.
Lo scenario, quindi, appare di difficile lettura. L’estrapolazione lineare dei trend passati non può più funzionare: nelle economie mature, i modelli di segmentazione utilizzati fino ad ora dalle aziende per definire le fasce di consumatori target possono cambiare radicalmente, tagliando fuori spicchi di clientela importanti. L’approccio da adottare è rivolto verso la micro-segmentazione per rispondere a specifiche esigenze di determinati gruppi di consumatori e affermarsi in nicchie di mercato selezionate. In questi frangenti c’è meno elasticità al prezzo e l’offerta può essere rivista in ottica di scale-up e di enfatizzazione della value proposition.
Per evitare il verificarsi di shock importanti a livello settoriale – come quelli che hanno impattato l’automotive oppure il fashion – occorre ri-focalizzare la pianificazione strategica. Attività come il lancio di nuovi prodotti e l’entrata in nuovi mercati devono essere nuovamente esaminate con una lente che tenga in considerazione le discontinuità citate precedentemente.
Le opportunità che derivano dalle esigenze specifiche dei consumatori nei mercati locali e da un’inclinazione verso la premiumness nei mercati emergenti devono essere investigate e la “bussola” per orientarsi in una crescente complessità deve essere quella dell’incremento del valore dell’equity nel lungo periodo attraverso il rafforzamento dei vantAggi competitivi tecnologici e di prodotto.
Elisa Montanari è Director di EDI
Grace To è Junior consultant di EDI.
Ripensare la strategia aziendale di fronte a una distruption senza precedenti nei comportamenti del consumatore
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