Le economie vanno bene, ma l’elettorato non è d’accordo

Fugnoli (Kairos Partners SGR): C'è un'eredità di inflazione che il pubblico non ha ancora digerito.

Le economie vanno bene, ma il sentiment è basso e questo potrebbe orientare le scelte degli elettori, soprattutto nei prossimi grandi appuntamenti elettorali, a iniziare con quello francese, con le elezioni legislative fra giugno e luglio, per concludere con big match negli Stati Uniti a novembre.
«Le fasi elettorali – spiega a Eccellenze d’Impresa, Alessandro Fugnoli, Strategist di Kairos Partners SGR – di solito coincidono con un periodo di spinta dell’economia. La Fed afferma di essere restrittiva ma in realtà non lo è tanto. Perché la Fed calcola un tasso neutrale cioè il tasso a partire dal quale si è restrittivi che è considerato da molti nel mercato un tasso troppo basso. Quindi in realtà il tasso neutrale è molto più alto di quello che la Fed considera e questo rende la politica economica non restrittiva. Il tutto per dire che i mercati sono al massimo, l’economia americana va bene». I segni di rallentamento, per Alessandro Fugnoli, in America sono molto modesti. Eppure, in tutto l’Occidente il sentiment è molto basso.

Ma perché succede questo?
«Durante gli anni del Covid – continua Fugnoli – si è creduto di conquistare consenso, generale ed elettorale, con una reflazione massiccia. Questa reflazione la sentiamo ancora oggi, ma la sente anche il pubblico sotto forma di inflazione, che sta scendendo, ma ancora dai prezzi non si vede».
Le economie, dunque, vanno bene, ma il pubblico non riesce ancora a metabolizzare questa eredità di inflazione che rischia di costare cara, in primo luogo, al Presidente Biden e, a cascata, anche all’Ue. Secondo Fugnoli, un'eventuale rielezione di Donald Trump potrebbe facilmente portare a un impianto protezionistico nei confronti dell’economia americana, che avrebbe ripercussioni anche sui rapporti commerciali con il Vecchio Continente.

Credit: Presidenza del Consiglio dei Ministri


In Francia, il presidente Emmanuel Macron deve fare i conti con una situazione complessa che però, secondo Fugnoli, difficilmente potrà tradursi in un governo. «I programmi della destra e della sinistra – spiega ancora Alessandro Fugnoli – sono presentati come molto radicali dal centro, che, nel frattempo, evidenzia con calcoli anche quanto costerebbe applicarli. Il tutto, ovviamente per spostare consensi verso il centro stesso. Ci sono e ci saranno cambiamenti, quello che mi aspetto per la Francia non è uno spostamento netto, ma un anno di confusione. Uno dei rischi è che non si riesca a formare un governo politico, ma che si debba ricorrere a un governo tecnico»

Credit: Presidenza del Consiglio dei Ministri

La parola spetta agli elettori e l’unico risultato di rottura sarebbe un’affermazione nettissima del Rassemblement National. Questo permetterebbe al Parlamento di eleggere un governo, anche se il presidente non è d’accordo, cosa che gli è permessa dalla riforma costituzionale del 2000 e per il Paese sarebbe la prima volta. Ma, anche in quel caso, Fugnoli invita a riflessione, facendo notare che un ipotetico governo di destra, diverso dalla maggioranza che sostiene il Presidente della Repubblica, avrebbe vita piuttosto difficile. «Potrebbero entrare in azione misure di contenimento. Il Presidente potrebbe non firmare le leggi. Per la Corte Costituzionale, che è tutta macroniana, la Commissione Europea e la Banca centrale europea, un governo di estrema destra sarebbe un sorvegliato speciale».

In quest’ottica, secondo Fugnoli, si dovrà guardare con particolare attenzione al secondo turno, quello del 7 luglio, dove il Rassemblement National punterà ai voti del centro. Una contesa dai toni accesi e dai tempi rapidi, dunque. Dove però il risultato finale potrebbe essere molto più sfumato e pasticciato. Il problema più grosso, è che una Francia in ‘stato confusionale’ per quanto temporaneo, impatta negativamente sulle politiche europee. La Commissione Europea sarà supportata sostanzialmente dalle stesse forze politiche, ma avrà un’azione molto diminuita perché senza la Francia.

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